
C’è un tempo per seminare e uno per raccogliere. E per Filippo Begliardi Ghidini, la prossima dovrà essere la stagione del raccolto. Nato a Ravenna, l’attaccante classe ’98 ha svolto il quarto anno di liceo in una high school in Iowa, per poi tornare negli Stati Uniti nel 2017, grazie alla borsa di studio da studente-atleta ottenuta con YesWeCollege. Un percorso brillante, fatto di tre anni ad altissimi livelli sia accademici che calcistici con Merrimack College, ateneo del Massachusetts per il quale il ravennate ha contribuito a scrivere importanti pagine di storia. I quattordici gol equamente divisi nelle prime due stagioni in Division II (miglior dato di squadra per le reti decisive nel primo anno, miglior marcatore assoluto degli Warriors nel secondo) e i riconoscimenti individuali assortiti rappresentavano un ottimo punto di partenza. Ma Filippo si è confermato attaccante di alto livello per il college soccer anche nella prima stagione di Merrimack in Division I, la massima serie del campionato universitario a stelle e strisce. Con 6 reti nelle 16 gare stagionali, Begliardi è stato ancora una volta il top scorer dei suoi Warriors, trascinati al primo posto della Northeast Conference alla prima partecipazione nella storia dell’ateneo. Un rendimento che ha aperto le porte per il trasferimento alla University of Massachusetts, dove da agosto tenterà l’assalto definitivo al calcio professionistico. Il tutto con una laurea in Business Administration (con major in Global Management) ormai in tasca, in programma per il prossimo 15 maggio, e un master in procinto di essere iniziato. Filippo è carico a molla, e nella nostra chiacchierata fatica a nascondere l’entusiasmo per i nuovi orizzonti che si stanno aprendo sul suo cammino.
Ciao Filippo! Ne sono successe di cose nei due anni passati dalla nostra prima intervista…
“Direi proprio di sì, e per fortuna sono state tutte quante esperienze molto positive e gratificanti per la mia carriera calcistica e accademica. Il percorso universitario sta volgendo al termine, e sto per raggiungere il primo traguardo fondamentale della mia avventura in America”.
La laurea è ormai dietro l’angolo, anche se sarà un po’ diversa da come l’avevi immaginata.
“Il giorno della proclamazione è fissato per il 15 maggio, anche se negli States la procedura è molto diversa rispetto a quella italiana. Non è prevista una discussione orale, bensì la consegna di un progetto che viene esaminato e valutato dalla commissione, prima della cerimonia collettiva organizzata per tutti gli studenti dell’ateneo. Purtroppo questo momento, uno dei più significativi della carriera universitaria, è stato cancellato a causa dell’emergenza sanitaria degli ultimi mesi. A Merrimack stanno pensando di organizzarla per il prossimo autunno, ma siccome sarà già in un altro ateneo difficilmente potrò partecipare all’evento. Un finale un po’ diverso dalle aspettative, ma d’altronde le cose stanno così e possiamo solo prenderne atto”.
E adesso quali sono le tue prospettive, con un altro anno di borsa di studio a disposizione?
“Sono rientrato in Italia già da un mesetto, e dopo l’ufficialità della laurea comincerò a seguire le lezioni online per il master che frequenterò il prossimo anno a UMass. Vista la situazione credo che mettersi avanti con lo studio sia una buona idea, anche per potermi concentrare sull’aspetto sportivo quando tornerò negli States ad agosto. Oltrettutto, nel nuovo ateneo potrei anche riuscire ad ottenere una posizione lavorativa come Teacher Assistant, un’ipotesi che rappresenterebbe un ulteriore opportunità da sfruttare per il mio futuro. Adesso mi godo gli ultimi giorni da non laureato, poi dovrò star sveglio fino a tardi per seguire le lezioni, ma lo ritengo un buon investimento in vista dei mesi che mi aspettano”.
Un nuovo inizio dopo tre anni ad altissimo livello. Come si è chiusa la tua esperienza con Merrimack?
“L’ultimo anno è stato strepitoso, la degna conclusione di un percorso fantastico vissuto insieme ai miei compagni nelle tre stagioni con i Warriors. Siamo arrivati in Division I a fari spenti, da piccolo ateneo al primo anno nella massima serie, ed eravamo considerati un po’ da tutti come la cenerentola della nostra conference. Da parte nostra c’era invece la consapevolezza di avere una squadra forte e completa in tutti i reparti, e quando abbiamo cominciato la stagione vincendo due o tre partite consecutive, contro avversari di livello superiore rispetto a quelli della nostra conference, abbiamo preso coscienza di poter fare qualcosa di davvero importante.
Abbiamo vinto tutte le nove gare della Northeast Conference, dominando la classifica generale e chiudendo anche con un ottimo record complessivo, che avrebbe potuto essere ancora migliore senza un piccolo passaggio a vuoto”.
Non aver potuto fare i playoff, però, ha rappresentato una vera beffa.
“Vero, il regolamento non permette ai nuovi college che arrivano in Division I di partecipare ai playoff per le prime tre stagioni. Mi tengo comunque stretto il primo posto in classifica, in un anno indimenticabile nel quale ci siamo misurati con squadre e giocatori fortissimi, alcuni dei quali potranno essere scelti da squadre della Mls nel prossimo draft e che sono destinati a carriere da professionisti”.
A fine stagione, poi, è arrivata l’opportunità di trasferirti a UMass.
“Sentivo l’esigenza di misurarmi con un contesto più grande e più competitivo, dopo tre ottime stagioni a Merrimack. Il coaching staff aveva vedute diverse e non ha preso di buon grado la mia decisione: per questo, a livello personale, la mia storia con i Warriors non è finita come avrei voluto. Da parte mia sono stato sempre chiaro e corretto, quindi mi sento tranquillo e pronto a cominciare questa nuova avventura. Mi dispiace salutare i compagni coi quali ho condiviso tre anni fantastici, ma al tempo stesso non c’era miglior modo per lasciare che vincere la conference al primo tentativo, scrivendo una pagina di storia importante per l’ateneo”.
Quali sono i motivi che ti hanno spinto ad accettare l’offerta di UMass?
“Il mio nuovo ateneo mi permetterà di fare un notevole salto di qualità, sotto molti punti di vista. Andrò a giocare in una conference molto più competitiva (vinta da Filippo Tamburini con Rhode Island nel 2019, ndr.), con tante squadre che ogni stagione puntano alla vetta e dalla quale ogni anno quattro o cinque ragazzi vengono scelti al draft della Mls. Inoltre sarà una esperienza tutta nuova anche dal punto di vista umano: passerò da un piccolo ateneo di 5.000 studenti, in cui ci conoscevamo bene o male tutti quanti, ad una “big school” da 45.000 persone. Un contesto molto diverso e molto eccitante, col quale non vedo l’ora di misurarmi”.
L’obiettivo di sfondare nel calcio professionistico, quindi, resta ancora al primo posto della lista.
“Sono sincero quando dico che giocarmi le mie carte per diventare professionista rappresenta una delle priorità della mia esperienza. Ed è questo uno dei motivi che mi ha spinto ad accettare l’offerta di UMass: giocare per determinati atenei e in conference di alto profilo rappresenta una visibilità importante per entrare nell’orbita della Mls, della Usl Championship o Usl One (corrispondenti alle nostre Serie B e Serie C, ndr.). In più, il Canada ha da poco lanciato la sua prima lega professionistica. Una opportunità di sbocco ulteriore, che contribuisce ad alimentare il mio sogno di poter sfondare nel mondo del calcio”.
In questo senso, anche la scelta del master universitario può rappresentare una carta importante.
“Il corso che sto per iniziare è un master of science in Business and Analytics. Questo tipo di master garantisce agli studenti internazionali un visto lavorativo della durata di tre anni, contro l’anno standard che viene garantito ai neo laureati. Un bel vantaggio sia dal punto di vista della carriera professionale che per quella calcistica, perché mi permetterà di avere di fronte a me tre stagioni, dopo quella a UMass, per potermi guadagnare una chiamata tra i pro. Adesso è il momento di spingere, perché questo dovrà essere il mio anno. Mentalmente sono prontissimo, fisicamente sto già iniziando a prepararmi. Voglio giocarmi le mie chance di rimanere il più a lungo possibile negli Stati Uniti, e dopo aver seminato bene è il momento di raccogliere i frutti del lavoro fatto in questi anni”.