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Pascal Corvino, il “bello della diretta” sogna il professionismo con Usc Upstate

È un fine semestre particolare quello degli studenti-atleti di YesWeCollege, tutti o quasi rientrati in Italia in seguito all’esplosione della pandemia di coronavirus. Non fa eccezione Pascal Corvino, che dagli States è rimpatriato ormai da due settimane e che sta iniziando a seguire le lezioni online, compagne del prossimo mese abbondante prima degli esami di fine anno. Al netto della chiusura un po’ così, la prima stagione a stelle e strisce del classe ’99 è stata sicuramente positiva. Nato a Zurigo, cresciuto nel Rimini e forgiato da due esperienze importanti in Serie D, con le maglie di Romagna Centro e Santarcangelo, Pascal è stato selezionato all’International Showcase 2018 ed è partito alla volta della University of South Carolina Upstate lo scorso agosto, conquistando subito un ruolo importante nello scacchiere tattico degli Spartans. Per lui 17 presenze (15 da titolare, ndr.) condite da 4 gol e 3 assist in una stagione chiusa all’ottavo posto della Big South Conference. Un bilancio corposo e reso possibile dal ritorno alle origini nel ruolo di mezzala dopo le stagioni da esterno nel campionato di Serie D. Gran feeling con le dirette nazionali (come ci ha raccontato nel corso dell’intervista) e una squadra costruita per cominciare un ciclo nei prossimi anni, Corvino punta a sfondare nel calcio d’Oltreoceano, prendendosi al tempo stesso una laurea in Business Management. Ci ha raccontato tutto in una chiacchierata telefonica, con la voce brillante e risoluta di chi sa dove vuole arrivare.

Ciao Pascal! Di rientro dall’Italia ormai da qualche giorno, come ti stai riadattando ai nuovi ritmi e ai nuovi orari?

Durante lo spring break l’epidemia di coronavirus ha iniziato a dilagare anche negli Stati Uniti, e l’ateneo ci ha dato il via libera per poter tornare a casa, vista la cancellazione delle attività sportive e considerando che sia le lezioni che gli esami finali saranno tutti quanti online. La mia ruotine giornaliera in realtà non è cambiata più di tanto, visto che anche negli Usa avevo generalmente lezione al pomeriggio, un po’ quello che succede anche adesso che sono in Italia considerato il fuso orario. Quindi diciamo che il ritorno a casa è stato piuttosto morbido, da questo punto di vista”.

Non si può dire lo stesso del primo impatto con il college soccer, al tuo arrivo in agosto.

Decisamente, perché quello con il calcio collegiale è stato un impatto davvero molto intenso. Arrivavo da due stagioni di Serie D nelle quali avevo giocato con continuità, ma sono rimasto colpito dalla quantità di talento che ho trovato negli Stati Uniti. Ho affrontato giocatori di un livello forse mai trovato nemmeno in Italia: si nota che stanno investendo molto per la crescita del nostro sport, anche se ancora mancano quella esperienza e quelle basi tattiche che sono uno dei tratti caratteristici del calcio italiano”.

Complessivamente, quindi, il livello si avvicina a quello della nostra quarta serie?

Diciamo di sì, anche se parliamo di due tipi di approcci completamente diversi. In Serie D forse si corre leggermente meno, ma si corre bene, con intelligenza tattica. Qua, invece, si va sempre a cento all’ora specialmente contro alcune tipologie di squadre, come quelle composte ad esempio da molti britannici che sono dei veri e propri martelli. Però è una corsa un po’ disordinata, con le squadre che tengono ad allungarsi e a dividersi in due blocchi, con continui ribaltamenti di fronte e senza mai un attimo di pausa”.

Cosa ha spinto un giovane con buone prospettive in Serie D a mettersi in gioco per una carriera da studente-atleta?

Quella di YesWeCollege era l’opportunità che aspettavo. Avevo l’ambizione di iscrivermi all’università, e allo stesso tempo il sogno di sfondare nel calcio. Purtroppo, in Italia, le due cose sono difficilmente conciliabili: giocando in Serie D avrei avuto pochissimo tempo da dedicare agli studi, e al tempo stesso una carriera da semi professionista non basta per darti da vivere. Per questo ho deciso di cogliere la chance che ho avuto grazie a YesWeCollege, e sono felice di aver cominciato la mia avventura da studente-atleta a Usc Upstate”.

Che tipo di squadra sono i tuoi Spartans?

Abbiamo una vocazione molto internazionale: in squadra siamo tre italiani e abbiamo qualche tedesco, molti spagnoli e alcuni sudamericani. Siamo un gruppo piuttosto giovane, con oltre metà dell’undici tipo formato da freshmen e quindi con la possibilità di crescere insieme e di migliorare i nostri risultati nei prossimi anni”.

Tu però sei un esordiente solo a livello collegiale, visti i tuoi trascorsi. Quanto ti è servita l’esperienza in D per importi subito nella realtà americana?

Devo dire che le due stagioni con il Romagna Centro e il Santarcangelo mi hanno insegnato a diventare giocatore. Non sei professionista, d’accordo, ma soltanto come status, perché di fatto giocando in quarta serie da noi è come farlo tra i pro. Ho giocato con e contro calciatori che hanno avuto esperienze in Serie A e B, ho ascoltato e imparato come si lavora per diventare giocatori veri. Tutto questo l’ho messo in pratica una volta arrivato a Usc. Fin dall’inizio mi sono messo a disposizione con umiltà per aiutare la squadra in qualsiasi modo, i compagni mi hanno subito dato fiducia e col coach si è creato un ottimo rapporto, fatto anche di meeting individuali in cui ho condiviso le mie idee e le mie esperienze per contribuire alla crescita della squadra”.

Dal punto di vista personale come giudichi la tua prima stagione in NCAA?

Sono soddisfatto, penso di aver disputato un buon campionato all’esordio nel college soccer. Sono partito con un problemino fisico ma sono riuscito a giocare con continuità, tornando nel mio ruolo naturale di mezzala dopo due annate durante le quali ho giocato principalmente come terzino o quinto di centrocampo. Ho segnato 4 gol, servito 3 assist, e avevo iniziato con un gol anche la spring season prima dello stop forzato imposto dall’emergenza sanitaria. Un buon punto di partenza per fare ancora meglio il prossimo anno”.

I tuoi 4 gol sono arrivati tutti in partite trasmesse in diretta nazionale. Non si può dire che non ti piacciano i palcoscenici importanti.

È una bellissima sensazione sapere di aver fatto bene davanti a tante persone che ti hanno visto giocare, anche se la maggior parte delle volte veniamo a sapere soltanto dopo che il nostro match è stato trasmesso in streaming da Espn +. Ho ricevuto tanti complimenti specialmente dopo il primo gol, quello segnato contro Mercer (destro al volo da fuori area su schema da calcio d’angolo, ndr.). Magari sarò finito anche in alcuni highlights di giornata, e a maggior il primo gol rimarrà un bellissimo ricordo”.

Archiviato il primo anno calcistico negli Usa, hai già fatto un pensierino a fermarti per giocare in qualche lega estiva nei prossimi anni?

Ho scelto di mettermi in gioco con l’obiettivo di fare qualcosa di importante nel calcio, per riuscire in quello step che mi è mancato in Italia e che spero di poter fare qua in America. Per questo misurarmi con la Usl o con una delle altre leghe semi professionistiche è uno dei miei desideri per le prossime stagioni. Ne ho già parlato con coach Halkett, che mi ha spiegato un po’ come funziona e quali possono essere le opportunità offerte a chi vuole una chance in queste categorie. Certo, si tratta di un’arma a doppio taglio: giochi per tre mesi due volte a settimana e a grande intensità, neanche il tempo di staccare e ad agosto sei di nuovo in campo per il campionato collegiale. Ma è una esperienza che sono deciso a fare, per inseguire il mio sogno di diventare un calciatore professionista”.

Come si è svolta la tua vita da studente-atleta, al primo anno a Usc Upstate?

Gli studenti del primo anno dormono tutti quanti nel campus. Io sono sistemato in un appartamento di quattro persone e dividevo la camera con un compagno neozelandese, che però al termine della stagione ha cambiato scuola, lasciandomi la stanza tutta per me. La giornata cominciava con gli allenamenti al mattino, tutti i giorni dalle 7 alle 9 tranne nelle due volte a settimana in cui sono in programma le gare di campionato. Dopo la colazione insieme ai compagni parte la giornata extra calcistica: lezioni, pranzo tutti assieme, altre classi oppure studio nel pomeriggio e poi di nuovo radunati per cena e per passare un po’ di tempo prima di andare a letto. Il concetto di gruppo, di conseguenza, è qualcosa di molto più assorbente rispetto a quello a cui ero abituato in Italia: frequenti i tuoi compagni ventiquattro ore su ventiquattro, e si crea un legame fortissimo, davvero unico”.

Spostiamoci sul fronte accademico: hai iniziato il tuo percorso universitario direttamente negli States?

Dopo il diploma e la selezione allo Showcase mi sono preso un anno sabbatico nel quale mi sono dedicato solo al calcio, quindi ho iniziato gli studi universitari direttamente a Usc Upstate. Ho scelto Business Marketing, e mi sto confrontando con una realtà molto diversa da quella che ho conosciuto, sia pure non in prima persona almeno a livello universitario, in Italia. Negli Usa non si percepisce quel modo quasi oppressivo di vivere gli studi: i docenti sono costantemente a disposizione, e con loro si instaura un rapporto diretto che li aiuta anche a modulare il lavoro in base alle esigenze del singolo studente, per esempio alleggerendo i carichi di studio quando noi atleti abbiamo impegni sportivi ravvicinati. Questo fattore ti invoglia a studiare e approfondire le materie, che quindi si imparano anche più facilmente. Non sono d’accordo con chi dice che il sistema americano sia più semplice di quello italiano: anche negli States devi metterti sotto se vuoi ottenere buoni risultati”.

Nel tempo libero hai avuto modo di girare un po’ e di vedere qualche posto fuori dal campus?

Ho girato con le macchine di alcuni miei compagni, spostandoci nelle zone più vicine: Atlanta, Charlotte, Greenville, Columbia e anche al mare, a Hilton Head, affacciati sull’Oceano Atlantico. Ho preso anche lezioni di golf poco prima di tornare in Italia: la moglie del nostro coach è una maestra, e con altri quattro o cinque compagni siamo andati in uno dei magnifici campi della Carolina per imparare un po’ di basi di questo sport”.

Hai già fatto qualche pensiero al futuro lavorativo?

Sono sincero: molte delle mie scelte dipenderanno da quello che riuscirò a fare a livello calcistico nei prossimi anni. La mia priorità è quella di riuscire a sfondare nel calcio, e tutto il resto verrà di conseguenza. Per questo, non ho ancora pensato a eventuali sviluppi futuri. Non mi precludo niente, e mi piacerebbe ad esempio fare quale internship o magari anche un master. Aspettiamo e vedremo, ho ancora tre anni nei quali farmi valere per poi pensare al domani”.

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